A Roma ci sono tanti obelischi egizi eretti dagli imperatori romani per abbellire la città e affermare il loro potere sulle popolazioni del Mediterraneo (Egitto) ma anche sulle forze della natura dato che questi Obelischi erano alti più di 30 metri e pesavano anche 300 tonnellate.
Ma c’è un Obelisco a Roma che ci dice qualcosa di più.
Si tratta di un Obelisco che a noi italiani è molto, molto familiare: quello che vediamo tutti i giorni in televisione quando il TG ci offre la cronaca parlamentare (Figura 1).
Esso faceva parte di un complesso architettonico che comprendeva uno dei più famosi monumenti di Roma Antica: l’Ara Pacis Augustae.
Ebbene: questo obelisco voluto da Augusto (9AC) portava, come ci riferisce Plinio il Vecchio, alla sua sommità una enorme sfera di bronzo dorato la cui ombra proiettava al mezzodì (e solo al mezzodì!) su di una Linea orizzontale lunga quasi 57 metri e larga 5, pavimentata con lastroni di marmo e orientata esattamente nella direzione Nord-Sud. Su di essa erano tracciati tanti tasselli di bronzo, uno per ogni giorno dell’anno, e, in lettere greche, i nomi dei segni zodiacali e alcune frasi dette “parapegmatiche” molto simili a quello che ci aspettiamo di leggere consultando il Calendario di Frate Indovino, il “parapegma” del mondo moderno. (Figura 2, l’immagine proviene dalla simulazione dell’Istituto di Informatica dell’Università dell’Indiana- USA, prof. Bernard Frischer)
Nonostante la presenza dei segni zodiacali questo strumento scientifico nulla aveva a che fare con l’astrologia… e nemmeno con l’ingenua lettura del Calendario di Frate Indovino!
Al contrario il contesto in cui l’Imperatore Augusto diede ordine di sistemare la sfera sull’estremità dell’Obelisco e di tracciare la Linea Meridiana riguardava un problema molto diverso: ad Augusto (e probabilmente anche all’imperatrice Livia) dobbiamo infatti, in virtù di questo strumento scientifico greco da lui voluto, se il calendario di Giulio Cesare venne finalmente applicato correttamente e potè quindi, per il suo semplice incardinamento con le stagioni valido per secoli e secoli, trasmettersi fino ai nostri giorni e soppiantare, in pratica, tutti gli innumerevoli calendari escogitati da varie culture in tutte le parti del mondo.
L’ombra della sfera bronzea sulla sommità dell’obelisco permetteva infatti di verificare che, a seguito di un semplice ciclo di 4 anni, ossia quello che tutti noi conosciamo (tre anni normali e uno bisestile), essa (l’ombra) ritornava a essere proiettata nelle medesime posizioni rispetto i tasselli! Il testo di Plinio il Vecchio che finalmente permette di chiarire queste complesse circostanze astronomiche (”…observatio umbrarum…”) è stato individuato , e correttamente interpretato nel corso di recenti ricerche. (Figura 3)
Giulio Cesare aveva introdotto la riforma del calendario con lo scopo principale di facilitare l’inserimento dei militari nel mondo dell’agricoltura (Parapegmata) una volta che, come veterani, avessero ottenuto come premio un appezzamento di terreno agricolo.
Giulio Cesare venne assassinato nel 44 AC, come tutti sanno, e la riforma del calendario risaliva a solo due anni prima; è possibile che il fuggi-fuggi generale dopo il fatto di sangue provocasse l’allontanamento dello Astronomo greco Sosigene che aveva fornito la consulenza scientifica necessaria per l’introduzione del nuovo calendario. Così si spiegherebbe quindi che il giorno intercalare venne applicato in modo maldestro (dopo soli 2 anni di 365 giorni anzichè 3).
Ecco dunque che Augusto, forse incoraggiato dall’Imperatrice Livia, che notoriamente lo consigliava anche per cose politiche, ed era interessata, come noto, all’emancipazione del mondo femminile, diede corso a questo progetto una volta che venne nominato Pontefice Massimo (13 AC). Fu grazie a Livia infatti che persino il diritto ereditario venne modificato a favore del mondo femminile. Fu solo con un calendario solare così preciso e non soggetto agli sconquassi periodici cui erano soggetti i calendari lunari, che le donne potevano seguire meglio i giorni delle gravidanze ecc. ecc..
Solo lo strumento di Augusto, dopo circa trent’anni, permise allora agli esperti, anch’essi sicuramente greci, di togliersi ogni dubbio e mettere a posto il calendario per trasmetterlo ai posteri così come lo conosciamo oggi (a parte la lieve correzione del papa Gregorio XIII introdotta nel 1582). Il testo “Observatio umbrarum” di Plinio il Vecchio permette di ricostruire nel dettaglio l’esperimento gnomonico che permise di verificare la validità del Calendario di Giulio Cesare. (Figura 4).
L’Obelisco crollò per un terremoto nel 9° secolo; venne scavato nel 1748 (Figura 5)
e infine ri-eretto
(1792- Figura 6) davanti alla Curia Innocenziana, ora Parlamento Italiano.
Purtroppo questa interessante ricerca di Storia della Scienza, non ha avuto un compito facile perchè nel 1650 un noto studioso , il gesuita Athanasius Kircher, aveva ipotizzato, erroneamente, che l’Obelisco di Augusto proiettasse non su una semplice, si fa per dire, Linea Meridiana bensì su di un gigantesco Orologio Solare largo 400 metri che avrebbe occupato la superficie di 12 campi di calcio.
Un noto topografo moderno , Rodolfo Lanciani, (1904) aveva riportato questo disegno sulla sua pianta di Roma Antica in modo acritico e senza nessuna base scientifica: prova ne sia che il disegno di Kircher , tracciato nel 17° secolo con il Sud nella parte alta del disegno non venne nemmeno adattato alla prassi moderna ossia la convenzione cui noi moderni siamo avvezzi, quella del Nord nella parte alta del foglio.
Un noto archeologo moderno , Edmund Buchner, nel 1976 , nella più assoluta buona fede, diede fiducia al topografo romano e ipotizzò che a seguito di scavi, da farsi in una grande area a Nord del sito originario dell’Obelisco, si sarebbe dovuto trovare un enorme Horologium di 400 metri di larghezza. Gli scavi vennero effettuati dallo stesso Buchner negli anni 1979/80 (Figura 7): esattamente a Nord del sito originario dell’Obelisco, sito che era ben conosciuto sin dal 1748 (Figura 5), venne ritrovato un pezzo della Linea Meridiana descritta da Plinio il Vecchio ossia una fascia pavimentale larga 5 metri, compresi i tasselli diurni, i nomi dei segni zodiacali e le scritte parapegmatiche in greco, mentre nulla venne trovato al di fuori della Linea Meridiana, nè ad Est nè ad Ovest di essa.
Il livello del ritrovamento era più alto di 1,5 metri rispetto il fondo del Campo Marzio e ciò è comprensibile dato che qui trovavano sfogo le periodiche piene del Tevere. Tale livello era logicamente, per i medesimi motivi, lo stesso 1- del piano dell’Ara Pacis, 2-dell’area di calpestio quadrata intorno all’Obelisco destinata a chi voleva leggervi sul piedestallo le scritte dedicatorie in latino e 3-della panca in pietra a disposizione agli scienziati che attendevano il mezzodì.
A Buchner , che non rinunciò mai all’ipotesi dell’Horologium (è scomparso nel 2011), va il grandissimo merito di aver voluto e realizzato questi scavi: dovrebbe essere ricordato per questo. (Figura 8)
Persino Eulero, uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, aveva affermato che doveva trattarsi di una semplice (si fa per dire) Linea Meridiana. Con lui altri grandi astronomi come Joachim Georg Rheticus (16° secolo), Ruggero Boscovich (18° sec.) e Angelo Secchi (19° sec.).
A parte i problemi per …leggere l’ora date le enormi dimensioni di questo del tutto ipotetico Horologium… questo Orologio Solare non era plausibile anche per altri motivi. Ad esempio: l’ombra della sfera che ad una certa distanza sarebbe scomparsa. Oppure: la linea diurna del passaggio da Ariete a Toro (e da Leone a Vergine) che negli scavi si interrompe anzichè proseguire su di un inesistente tracciato al di fuori della Linea Meridiana.
Purtroppo questo grosso equivoco di un enorme orologio di 400 metri si è tramandato nei secoli e solo ora la stragrande maggioranza degli studiosi rifiuta finalmente questa bizzarra ipotesi. A sostenere questa fantasia rimane ormai solo più che qualche studioso isolato.
Fu Michael Schütz, un fisico di Tübingen (Germania), a pubblicare per primo un articolo (1990) in cui metteva in dubbio l’Horologium.
Al Museo dell’Ara Pacis, il recente Museo (bellissimo) sul Lungo Tevere a Roma, il Conservatore Scientifico del Museo, la dr. Orietta Rossini ha recentemente fatto modificare il plastico del Campo Marzio limitando la superficie di proiezione dell’ombra a una Linea Meridiana. Vedi sempre su questo sito la pagina “attualità”. Gli scavi del 1979/80 e l’esatto riscontro delle date della rimessa in fase del ciclo calendariale giuliano (9 AC) danno esattamente ragione a questa ricostruzione.
Un recente Debate (2014) proposto sul tema dal Journal of Roman Archeology ha raccolto le opinioni degli studiosi attualmente più interessati al tema che si sono trovati, in pratica, tutti d’accordo a favore della Linea Meridiana e contrari all’Horologium (vedasi, per il dettaglio delle frasi esplicite a favore della Linea Meridiana, sempre in questo sito www.ingauber-meridiane.it alla pagina dell’Obelisco “attualità”). Su questa medesima pagina di questo sito un elenco dettagliato di tutti gli Astronomi, Gnomonisti, Specialisti, Eruditi, Matematici ecc. ecc. che nei secoli, dal 16° secolo in poi, si sono espressi a favore della Linea Meridiana.
In Figura 9 la possibile fruizione museale della Linea Meridiana scavata da Buchner, così come immaginato dall’architetto Günther Leonhardt di Stoccarda (D) , uno dei partecipanti al Debate 2014.
Nel riassunto che precede ogni frase di Plinio trova un suo puntuale riscontro. Resterebbe da chiarire la sua affermazione riguardo la lettura delle durate del giorno e della notte che notoriamente variano a secondo della stagione. Ciò poteva essere fatto su di un Menologium (Fig. 10) che riporta, appunto, le durate delle ore di luce diurna e notturna a seconda della stagione (ore equinoziali).
Un Menologium, delle stesse dimensioni di quello qui illustrato, poteva trovarsi nello spazio libero fra l’Obelisco e l’inizio della Linea Meridiana (zona del solstizio estivo); eventualmente un altro si sarebbe potuto trovare nella zona più settentrionale (solstizio invernale). Tutti i Menologium di cui si ha notizia sono stati ritrovati a Roma. Nessun altro Menologium è stato ritrovato in nessuna altra parte del mondo antico.
L’elenco dei sette peccati capitali (gnomonici) di E. Buchner si trova negli atti del XX° seminario italiano di gnomonica (Druogno – VB – 2015) n.° 75 nel curriculum.